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Utilizzo e possesso

C'è un passaggio quasi naturale dall'utilizzo al possesso: inavvertito e perverso.
    Io ho deciso di scrivere. Per scrivere sono costretto ad utilizzare una penna. La penna utilizzata la considero mia. La penna è mia anche quando non ho più nulla da scrivere.
    Per vivere ho necessità di ricavare il cibo dalla terra. La terra che serve al mio sostentamento la difendo, la coltivo, la considero mia. Resta mia anche quando non serve più al mio sostentamento.

Il confessore per aiutare la persona che si rivolge a lui, utilizza i mezzi teologici e psicologici, si specializza in essi, fino a rendersi convinto che teologia e psicologia sono sue, di sua pertinenza, di sua esclusiva pertinenza. Ho incontrato confessori che davanti alle osservazioni fatte da uno psicologo, perché non conoscevano i primi rudimenti della psicologia, si opponevano allo psicologo, perché "loro avevano la grazia di stato"!
    Se lo psicanalista utilizza mezzi psicologici, se diventa un "confessore laico" (come maldestramente si dice), il confessore religioso si adonta, perché altri hanno invaso il suo campo. Egli aveva utilizzato la psicologia, e poi se ne era talmente impossessato da stimarsi il detentore della "sua" psicologia, che si trasforma miracolosamente ne "la" psicologia corretta (perché sposata alla teologia).

I progressi delle scienze moderne, e il loro riflesso sul comportamento umano hanno sbilanciato i direttori di spirito, che credevano di possedere essi soli la capacità di indirizzare le persone.
    Di più: perfino le norme morali erano credute di pura competenza del confessore. Poi sono venute le ricerche scientifiche nel settore morale e psicologico e i confessori si sono sentiti depredati e sbilanciati.

Oggi sono invitati a utilizzare gli strumenti scientifici, senza pretendere di appropriarsene.
    Utilizzarli non a proprio favore, ma per l'annuncio del Vangelo, e per l'aiuto agli uomini.

GCM     01.09.02