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Radice dei diritti

Nella Chiesa Cristiana Cattolica, ognuno di noi gode degli stessi diritti, pur nell'esplicare funzioni diverse, o, al contrario, le funzioni diverse sono fonti di diritti diversi, di modo che chi esercita una funzione superiore ha più diritti e, per conseguenza è più cristiano degli altri?

Questa è una domanda, forse un po' oscura, ma che si è resa più impellente dopo il Concilio Vaticano Secondo.
    È una domanda che, per un cristiano il quale crede riflettendo e il quale ama la sua chiesa, non è un inutile esercizio dialettico, ma un bisogno di collocarsi nel posto giusto di fronte a Dio, al mondo, alla Chiesa e alla propria coscienza.

Traducendo in termini semplici la domanda iniziale, ci si chiede: il Papa, che è un cristiano ha i suoi diritti essenziali soltanto perché è diventato Papa, oppure i suoi diritti da Papa sono gli stessi che aveva prima di essere eletto Papa, con facoltà particolari?
    Per diritti, in quanto cristiani, si intendono i diritti al Vangelo, all'Eucaristia, ai sacramenti, alla vita eterna.

Il diritto alla salvezza nasce dalla fede in Gesù. Il battesimo conferma ed esplicita questo diritto.
    Fonte del diritto cristiano non è nessuna legge, ma soltanto la fede. Quando Paolo di Tarso e, prima di lui, Gesù opponevano la legge alla fede, non abolivano il diritto, ma lo ponevano su un piano diverso.
    Perciò quando si ricordano i diritti fondamentali nella nostra chiesa, non ci si rivolge al codice di diritto canonico, ma alla costituzione fondante della chiesa: Gesù e la fede in lui.

Questa va alla radice dell'"essere cristiani". Come per i diritti umani (anche quelli esplicitati dalle Nazioni Unite), ci si basa sul fatto di essere esseri umani, così per i diritti cristiani ci si basa sul semplice fatto di essere cristiani.
    Il Codice di Diritto Canonico regola - bene o male - l'esercizio delle funzioni ecclesiali, non crea i diritti fondanti.

GCM        03.09.02