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Peccato e equilibrio

     La domanda è scottante: una persona può ottenere il proprio equilibrio psichico mediante il peccato?
     Molti lo affermano, pur attribuendo alla parola "peccato" significati disparatissimi.

     Ricordiamo alcuni esempi solitamente ricordati per confortare la tesi del peccato come equilibratore della psiche.
     Sono arrabbiato come un cane, allora sparo una o più bestemmie solenni e così mi calmo. Ho una tensione mortale, mi unisco a una prostituta e ne risulto placato. Nutro sentimenti omicidi verso una persona, allora sevizio un animale e mi rassereno.

     Tutto vero. Ma sorge una domanda: nei casi citati (e in molti altri) si raggiunge un equilibrio psichico instabile, oppure una vera e stabile omeostasi? È un rimedio che mi fa crescere psichicamente, oppure è una pillola che agisce momentaneamente, ma non raggiunge la radice che rende rabbiosi, inquieti, vendicativi, per poi guarirla?

     Il peccato è un rimedio sintomatico e palliativo, non è destinato a guarire radicalmente la persona. È sintomatico, non eziologico. Placa come gli antidolorifici, ma non risana la malattia oscura, che rende arrabbiati, inquieti, omicidi.

     Se il peccato viene raffrontato a una cura medica, il peccato sì e no risulta un rimedio di urgenza, ma non eleva e guarisce il cuore dell'uomo, per favorire il suo equilibrio profondo e duraturo, la sua costante omeostasi.
     Per raggiungere il cuore dell'uomo, è indicata la grazia, cioè l'amore di Dio iniettato nella persona. Nel peccato non c'è amore, neppure nei "peccati per amore".
     E dove manca l'amore, la crescita intima dell'uomo non avviene, è illusoria. Ma l'amore, senza l'Amore, tende a soffocare, a inaridirsi.

GCM, 14.05.02