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Penitenze inutili

Per alcuni, che si recano spesso dal confessore cattolico (non per tutti, è ovvio), accade ciò che accade ad alcune persone che si rivolgono allo psicoterapeuta.
    Si recano da lui (o da lei) per "provare come la cosa funziona". Non si recano per lavorare con lo psicoterapeuta a favore della propria guarigione. Anzi spesso si oppongono alla guarigione, in modo subdolo o apertamente ribelle. Esse pretendono di avere dal terapeuta un palliativo per restare fedeli alla propria disfunzione psichica, che gli è molto cara.
    Tuttavia il non guarire si guardano bene dall'attribuirlo alla propria neghittosità: è più fine convincersi e conversare con gli amici sulla incompetenza del terapeuta (o delle medicine).

Si vede che la loro difficoltà psichica non gli causa troppo dolore, anzi essi si accovacciano nella loro malattia, come i piccioni nel proprio nido sporco.

La contrarietà a guarire è astutamente presentata con un "non la seguo", "questo mi irrita", "mi sono perso nell'ascoltarla", "mi sento confuso", ecc.

Anche per la guarigione della nostra fede debole o malata ( peccaminosa?) ci rivolgiamo ripetutamente dal confessore. Il confessore è un linimento ai sensi di inferiorità, o un bidè dopo la ripetizione dei peccati, cui siamo perdutamente affezionati.
    Ci si illude, perfino pregando che faccia tutto lo Spirito: "Entra, conquista, distruggi, trasforma!". Quanti scaricabarile sullo Spirito, in ciò che invece deve essere nostra collaborazione con lo Spirito.
    Nemmeno Madame Bovary ci ha insegnato qualche cosa.

Tuttavia la nostra miseria deve ricorrere sempre all'opera dello Spirito, siamo deboli, ma qualche cosa dobbiamo compiere anche noi!.

GCM 19.05.02