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Guardarsi dentro

Per attuare qualsiasi processo di miglioramento di noi stessi, nel lavoro o nello sport o nella pace interiore, è necessario prima di tutto guardare noi stessi.
    Ci sono persone che dopo anni di colloqui con uno psicologo o con un consigliere spirituale, non riescono a fare nessun progresso. Non si sono mai decise a guardarsi dentro, anzi ogni volta che venivano invitate a esplorarsi hanno sempre opposto resistenza. Tra le resistenze emergono due, usate con abbondanza: far nebbia ("non so", "non capisco", "ciò che mi vien detto, non mi dice niente") oppure cambiare repentinamente argomento.

La pazienza di chi presta aiuto è infinita: ogni volta che egli tenta di riportare la persona a se stessa, questa continua a far rimbalzare lo stimolo.
    Questa persona cerca aiuto, ma non intende aiutarsi (con qualche sforzo di impegno), né essere aiutata. Infatti, per quanto la situazione in cui si trova possa recare fastidio a causa di alcune conseguenze spiacevoli, non ha la voglia o il piacere di uscirne.
    Questo tipo di persone, anziché la fatica di impegnarsi, preferiscono che lo psicologo sia un taumaturgo. Se lo psicologo costa molto, più lo si paga e più si pretende da lui un miracolo. Con i soldi si raggiunge tutto, perfino la salvezza dell'anima dopo la morte.

Una conseguenza tragica e comica di questo ricusare l'impegno (o la decisione) e anche la conferma del non aver mai guardato seriamente dentro se stessi, è la critica che si lancia contro colui che doveva aiutare: sono andata perfino dal confessore X, ma lui non è stato incapace di risolvere il mio caso; lo psicologo è un incompetente o uno che non mi vuol aiutare.
    Ancora una volta non si guarda se stessi, ma si devia l'attenzione sugli altri.

GCM     18.08.02