Papa sbilanciatoGiovanni Paolo secondo, un papa dalle due facce. Come Paolo sesto. Il papa oscilla tra l'uomo dell'istituzione e il profeta. Forse nell'ultimo tempo, egli libero in parte dalle strettoie dell'istituzione grazie anche a quella libertà che la malattia assicura, egli si lancia sbilanciato verso la profezia. L'istituzione ha due aspetti: la visibilità dei fratelli da un lato, l'organizzazione umana dall'altro. Quella necessaria al sacramento e alla comunione, questa costruita dal potere, anche dal potere sulle coscienze. Il papa dei primi tempi del pontificato mostrava il carisma del profeta, soprattutto quando parlava a "quelli di fuori". Aperture sempre maggiori verso l'altro. Ma verso i suoi mostrava la rigidezza dell'istituzione, l'intolleranza per tutto ciò che sembrava scalfire la tradizione. Per una persona vivace e intuitiva, il sentirsi strattonato da due lembi d'anima deve causare una sofferenza continua, della quale il morbo di Parkinson è manifestazione. D'altronde se lui, che è manifestazione più accentuata della chiesa, non patisce in sé la conflittualità tra progresso e tradizione, tra profezia e istituzione, non può essere esternazione del mistero della chiesa, santa e peccatrice, tesa all'escatologia e imbrigliata nell'oggi.
Oggi, mentre il suo corpo si scioglie lentamente e la debolezza fisica lo ghermisce, il papa propende per la profezia. Vedere lontano, più lontano della caduta del muro di Berlino, del terrorismo, della lotta tra chiese e religioni. Il bambino vede Dio, perché il bambino è debole. Il vecchio ridiventando debole, è più disposto a vedere Dio. Emerge la profezia. Quando sono debole, è allora che divento forte: Paolo. GCM, 13.07.03
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