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Vangelo di Giovanni

Qualche persona trova difficoltà nel leggere il Vangelo di Giovanni: esso è poco narrativo.

Forse non è del tutto esatto: narrazioni come il cieco nato, la samaritana, le nozze di Cana, l’adultera, sono di facile e scorrevole lettura. Certo che è necessario leggerlo con calma, per succhiarne il cuore essenziale.

E’ necessario incorniciare il Vangelo sotto un denominatore comune, che lo pervade: Gesù. Conoscere Gesù, Dio diventato uomo (il Verbo divenne carne), che di Dio indica la profonda struttura, quella struttura che Gesù scopre in sé. Ciò che Gesù scopre in sé e di sé, il Vangelo di Giovanni lo trasmette a noi.

Una lettura affrettata del Vangelo di Giovanni è una solenne condanna per chi legge. E’ meglio chiudere il Vangelo e leggere Pinocchio.

Se la fame di Gesù ci spinge ad assaporare lo scritto di Giovanni, allora ci si accorge che ogni parola di questo scritto trasuda Gesù.

Il Vangelo di Giovanni è gustato molto di più da un cuore desideroso, che da un intelletto indagante. Forse, addirittura, la testardaggine dell’indagine dotta, nasconde non solo il cuore del Vangelo di Giovanni, ma anche gli enunciati stessi.

Il Vangelo di Giovanni ci apre a cose eccelse, che furono scritte da “colui che Gesù amava”. Sono un canto d’amore, una poesia allargata, non un trattato freddo di teologia. Perciò esso va gustato prima di tutto col cuore, capace di poesia, e poi è compreso dall’intelletto che studia.

Se fosse stato scritto (come è probabile) dallo stesso che dichiarò che “Dio è amore” o dai suoi discepoli, il Vangelo è gioiosa e insistita ricerca dell’amore, compiegato in ogni frase (parola?) dello scritto.   

GCM 26.03.12