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Semplici e sapienti

Gesù è amareggiato non perché ha avuto insuccessi, ma perché la gente è stata privata del bene, che lui apportava. Ecco quelle frasi, che agli aggressivi appaiono invettive e ai puri di cuore si presentano come amarezza: “Ahivoi, Corazin, e ahivoi Bethsaida!”. Siete disgraziati, perché andate incontro a un destino terribile. Io ho compiuto opere chiare di amore divino tra di voi, e voi avete rifiutato il bene. Il rifiuto del bene, conduce inesorabilmente nella regione del male. Vi preparate a subire una disgrazia: la sottrazione vostra all’amore di Dio.

Quel “guai” non è invettiva, è pianto d’amore rifiutato.

Quello stesso Gesù che piange su chi rifiuta il bene da lui dispensato, è il Gesù che gode di quelli che accolgono la sua opera. “Ti benedico, Padre, perché queste cose le celi agli intelligenti e ai sapienti, e le spieghi ai piccoli!”. Questo è l’altro versante, quello che dà soddisfazione a Gesù e al Padre.

Sono i due aspetti della sensibilità di Gesù. Egli però fa notare quale differenza corre tra le due situazioni: sapienti, che amareggiano, piccoli, che soddisfanno. La semplicità che accetta, perché non ha perduto la qualità del fidarsi. La complessità, che pretende di sottomettere tutto a una critica costruita “con sapienza”. I saggi, i critici, i diplomati e i laureati, si sono fatti un loro criterio di giudizio, e pretendono di applicarlo a tutto e a tutti, sicuri di aver raggiunto, essi soli, l’apice della scienza, e guardano perfino Dio dall’alto della loro scienza.

Perfino chi si dichiara cattolico a causa di una consueta appartenenza, non riesce a smettere la superbia davanti alla parola di Dio.

GCM 17.07.12