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Testimoni di fede

Quando si parla di fede, è facilissimo cadere in un pacchiano malinteso: ossia di guardare il testimone, dimenticando la fede. La fede si articola in due nette sezioni: il credere nel e del credente, e ciò a cui si crede (per noi cristiani è Gesù). Le analisi sulla psicologia del credente, guardano chi crede, non colui che è creduto. Il credente si esamina con la psicologia e con la spiritualità. La fede invece si coglie nella rivelazione.

Bellamente da secoli si esprime questa duplice realtà con la conosciutissima frase: fides quae, fides qua: ossia, fede come oggetto e fede come azione.

La stessa Bibbia corre su due fronti. L’opera di Dio è nella storia e nella sua parola; l’annunciatore è l’uomo. Il Siracide, nella rassegna dei grandi uomini del popolo ebraico, nota l’uomo. Ossia descrive l’eroe, quasi dimenticandosi dell’annuncio prodotto dall’annunciatore.

Gli stessi santi cristiani sono visti nelle loro opere, molto meno nelle loro funzioni di propalatori dell’amore di Dio.

L’eroe (grande uomo) sembra più importante dell’annunciatore. Gesù nel lasciare i suoi non aveva detto:”Siate grandi”, ma: “Annunciate il Vangelo” perché solo così “voi siete la luce del mondo”.

Gran parte dell’agiografia loda lo strumento- uomo, dimenticando Dio e la sua cara Parola.

Allora la felicità del cristiano non si siede sul “sono stato bravo, ho fatto il mio dovere” bensì sul “sono contento, perché attraverso me la verità, ossia Gesù e il Padre, si è allargata in questo mondo oscuro”.

Come annunciatori si esce dal perimetro del nostro egoismo, per illuminarci di Dio, e illuminare il mondo di Dio, dell’infinito.

GCM 15.12.12