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La nostalgia

Molti cristiani hanno abbandonato la Messa. E così vivono nell’insignificanza e nel disorientamento. La loro vita si ingolfa, credendo che il rifiuto della fede li sciolga tanto da non essere più costretti da nessun obbligo morale.

Io continuo a pregare, affinché questi cristiani provino il dolore della nostalgia della Messa; che in loro entri la passione dei martiri di Abilene: “senza domenica non ce la facciamo”.

Nostalgia della Parola di Dio e del Corpo di Gesù. Nostalgia per la lontananza dalla patria. Nostalgia che né la gita in montagna, né i tuffi nel mare, né la visita ai musei possono placare.

Quella nostalgia dolcissima di Dio, che ti pervade davanti a un tramonto o nella solitudine di una estesa campagna o di un prato infinito.

Nella nostalgia, dal nostro profondo affiorano sensazioni vaste, sofferte e soavi. Le sensazioni che ci accostano all’infinito, unico in grado di colmare il vuoti del cuore, quando non è sopraffatto o distratto da urgenze materiali.

Nostalgia di tuffarsi con un sorriso ineffabile nella presenza del Padre, nella comunanza totale con Gesù, fino a consumarlo in noi, per essere consumati in lui.

Nell’Antico Testamento troviamo numerose testimonianze del desiderio di trovarsi finalmente nel tempio di Gerusalemme. E’ uno struggersi di entrarvi, almeno come una rondine che ha costruito il nido nel tempio. Struggerci nel piacere pregustato di una immersione, per uscirne rinforzati e trasformati. Uno struggersi che diventa lirica e invocazione e preghiera.

Nel Nuovo Testamento Gesù ci offre il suo banchetto, nel quale incontriamo lui, il Padre, lo Spirito Santo, e i fratelli di fede.

GCM 15.08.12