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Due unità

Se non rispettiamo le paure, non rispettiamo l’uomo. Le paure sono una componente della psiche umana.

Sotto questo riguardo, la letteratura classica e universale, che esalta l’eroismo coraggioso e condanna la pusillanimità, è letteratura disumana. Sto rapidamente pensando a Omero, a Virgilio, ai Vedanta...e a don Abbondio, che non aveva un cuor di leone.

L’umiliazione del debole, all’interno della nostra letteratura risorgimentale e in controtendenza al valore degli umili nella letteratura romantica, è un insulto ai miti e ai modesti, che, loro sì, hanno favorito l’unità d’Italia. Le armi, Garibaldi in testa, hanno unito territori; l’umiltà è riuscita lentamente a unire i cuori. Quell’unità d’Italia dovuta alla violenza, doveva attendere gli umili.

E’ vero che qualche politico di calibro disse che l’Italia era fatta, ma era necessario poi fare gli italiani.

Evidentemente per quel politico, e per molti altri, durante il Risorgimento era urgente tirar su i muri della casa, poi quanto ad abitarla si doveva attendere.

Attesa che fino ad oggi continua, se dobbiamo ascoltare certe correnti politiche, che vogliono distaccare il Nord dal Sud, e il Nord dagli extracomunitari.

Se l’Italia è un popolo, prima di essere una espressione geografica, perché non si è pensato a costruire prima i cuori e i sentimenti? Non con la vuota enfasi fascista, ma con lo scavo nella vita e nelle coscienze.

E’ molto meno difficile costruire l’unità del sentire, quando si affaccia il Regno dei cieli, dove non un territorio cucito a forza di invasioni e di guerre, ma la vastità dello Spirito riesce davvero a riunire.

GCM 4.12.10, pubblicato 18.02.11