HOME

Home > Societa' INSIEME > Articoli 2011 > Giudizio difficile

Giudizio difficile

Ora giungiamo alla civiltà avanzata della anti-omofobia.

Perché si dica fobia, un comportamento discriminatorio, è compito dei filologi spiegarcelo. Una mera discriminazione non necessariamente diventa una malattia psichica. Però il termine “fobia” desta un senso di paura in chi non conosce bene la lingua italiana.

Omofobia, stando al lemma, è paura morbosa delle cose uguali. Forse chi usa questo termine, compresi Bersani e i suoi, vorrebbe indicare, e indica, la discriminazione tra eterosessuali e omosessuali. Alla radice della discriminazione sta una visibile differenza, già nei lemmi stessi.

Differenza esiste. La differenza si insinua in ogni settore della vita personale e sociale: giovani e vecchi, bassi e alti, castani e biondi, religiosi e atei, ecc. E non c’è da meravigliarsi se essa si conta anche nella sfera sessuale: sposati e celibi, prolifici e sterili. Quindi etero e omosessuali: differenza nei comportamenti, che da sempre la storia recensisce.

Eppure per il comportamento sessuale si nota una particolare attenzione, perché esso è caratteristica della persona, che si riversa anche nella relazione sociale.

C’è anche differenza tra ladri e onesti, tra assassini e amanti della vita.

La domanda: rispetto per tutte le differenze, da quella religiosa a quella sessuale e genitale?

Qui il problema: è chiaro che il bene sociale rifiuta (o dovrebbe rifiutare) il disonesto e il ladro. Alla base del rifiuto sta l’etica e il tornaconto generale.

Su quale base si fonda il rifiuto e la condanna dell’omosessualità? Base etica, tradizionalistica, sociale? Se c’è un rifiuto morale, questo non può impedire un rispetto o una tolleranza sociale.

GCM 27.07.11