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Riportare all’unità

E’ proprio vero che la piccola Europa è un’eccezione per l’Asia e per il sud del mondo. Nella piccola Europa, l’Italia è un’anomalia eccezionale. Nell’Italia, il Veneto è un’eccezione di gente solo polentona e indaffarata. Nel Veneto, Vicenza è un’eccezione guardata spesso con un sorriso. In Vicenza, io sono un’eccezione, perché non frequento i night e le prostitute.

Si può avere, in questo mondo, un denominatore comune, dentro il quale io e l’ottentotto, Vicenza e Hong Kong, possiamo essere inseriti?

Il denominatore comune c’è. Essere uomini. Ma quando ci chiediamo chi è l’uomo, il denominatore comune si sgretola in mille cocci.

Eppure l’unica possibilità è lì: essere uomini. Ma quali sono le qualità che ci fanno uomini? Certamente l’africano medio non sottolinea le stesse qualità di un cinese o di un europeo.

Ci può essree un criterio, secondo il quale le differenze non cancellano l’unità?

L’ONU ha fatto un tentativo. Bugiardo: infatti nella stessa ONU ci sono i cinque con diritto di voto, e gli altri privi di tale diritto.

La ricerca di unità, compiuta dalle filosofie, è approdata a definizioni, spesso tra loro contradditori. Eppure il bisogno di unità resta. Il potere dei forti, impone l’unità delle armi. Il potere di Dio procura l’unità nell’amore. Il denominatore comune, non espresso con belle frasi astratte, ma con la concretezza dell’essere, è l’amore. Ma sappiamo amare?

Ci soccorre S. Paolo, che indica un amore possibile: quello di Gesù, che ha tanto amato, da donarsi per tutti noi, tanto che in lui non esistono barbari e greci, schiavi e liberi, uomini e donne.

GCM 17.03.11, pubblicato 29.06.11