Di fronte alla situazione del sud della Terra, di questa pallina, non ancora del tutto raffreddata, che circola nell’immensità dell’universo, noi siamo semplicemente sgomenti. Parlo della situazione socio-economica, politica e religiosa. Povertà e spiritualità, angoscia di vita e sublimazione dell’emotività.
Spesso mi sembra che la nostra scienza, la nostra fede e la nostra spiritualità si concentrino su un optional dell’esistenza e non sull’esistere stesso. La nostra spiritualità si sta confinando nell’accademia, non solo nell’opporsi alla materialità adorata dal materialismo (diventato ideologia dove è scomparsa la povertà), ma anche allo spirito che anima la religiosità, povera e ardente, che si sviluppa nel sud della Terra.
Per noi occidentali, infettati da secoli di razionalismo e astrattismo (perfino la ricerca del concreto è attraversata dal razionalismo!), il vivere l’esperienza come dono alla nostra umanità, è divenuto grave, quasi una minaccia al nostro equilibrio psichico e spirituale.
Le tensioni, che crediamo benefiche e filantropiche, a portare il nostro benessere nel sud del mondo, quando questo le reinterpreta secondo i suoi parametri di sensibilità, diventano minacce a un vivere più autentico, proprio perché più primordiale (come noi pretendiamo di definirlo).
Eppure la rinascita e la continuazione della vita, non si nasconde nelle nostre centrali atomiche o nei festini pieni di sessualità sterile. La vita è là, dove la vita è semplicemente vissuta, senza i fronzoli del nostro, per quanto bello, sapere, e le nostre inutilità cosiddette civili.
GCM 17.3.11, pubblicato 24.05.11