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Divertirsi

Il calcio mi diverte. I giocatori non si divertono: è sufficiente vedere come si urtano, si ostacolano, si battono. Anche i leoni, che sbranavano, divertivano imperatore e Romani al Circo Massimo.

Il calcio mi diverte nelle dichiarazioni degli allenatori, dei presidenti e dei giocatori. Mi divertono soprattutto le affermazioni di umiltà.

“Dobbiamo essere umili” e poi “dobbiamo vincere l’avversario”. Come si accordino queste due frasi, non so. Certamente non secondo la logica minore di Aristotele.

Altra frase: “Abbiamo vinto, perché abbiamo giocato con umiltà”. Qui si trova l’esaltazione della propria umiltà. E’ un po’ difficile incontrare un umile autentico, che esalti la propria umiltà.

Poi è divertente notare che soltanto nel campo di calcio si rifugia l’umiltà dei giocatori. Fuori campo è un altro paio di maniche.

D’altra parte hanno ragione di ostentare la propria umiltà: sono ventidue adulti, che, in mutande, si contendono un pallone. Gli stessi che escono dallo stadio in doppiopetto e cravatta. Difatti devono umiliarsi per mostrarsi davanti a migliaia di guardoni, vestiti di modesti stracci.

Mi piacerebbe veder un santo, tipo Filippo Neri o Giovanni Bosco, scendere in campo con umiltà.

Del calcio (s’intende quello professionistico) mi diverte anche il fuoco dei tifosi. Tutti tesi a guardare le gambe dei giocatori, pronti a criticare una pedata sbagliata e a lodare una pedata ben riuscita.

Poi rammento il patronato. La voglia di muoversi e di stare assieme, servendosi di un pallone che rimbalza. Divertimento dentro le azioni, non come inutili spettatori. Inutili agli effetti dell’azione. Eppure è divertimento. Ma è tutto qui? 

GCM 13.07.11, pubblicato 23.10.11