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Degrado della povertà

Il degrado si sviluppa, quando assumiamo comportamenti estranei, non in linea con il nostro semplice stile di vita spontaneo o tranquillamente acquisito, quello stile che potenzia, e non soffoca, le nostre capacità native.

Questo si addice alle persone, che cercano di essere altro da ciò che sono, ossia cercano di non essere. Questo si addice anche alle istituzioni. Il degrado di portare all’interno della comunità religiose, comportamenti propri delle istituzioni parrocchiali.

Purtroppo molti ordini religiosi gestiscono le parrocchie. Con una controtendenza rispetto al clero secolare, che per necessità derivante dalla scarsezza di personale, ha inventato le unità pastorali, nelle quali la responsabilità è condivisa.

Invece quando si affida la gestione di una parrocchia ai religiosi (che sono naturalmente una unità), la gestione della cura parrocchiale è affidata a un solo religioso, con particolari facoltà, anche nell’amministrazione finanziaria.

Quando il religioso-parroco diventa guardiano di una comunità conventuale, continua ad amministrare con modalità parrocchiali, eludendo la povertà. Cioè: mentre la conduzione amministrativa di un convento è deposta in tutta la comunità (capitolo conventuale) proprio per salvaguardare il principio della povertà comunitaria, il guardiano ex-parroco, si accorda con il solo economo, evitando o disprezzando l’apporto della comunità.

Il sottoprodotto: la comunità è più disgregata e meno povera, e i religiosi si abituano a un’amministrazione personale dei piccoli beni e proventi.

GCM 27.01.10