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Noi peccatori, malati

E’ venuto a guarire i malati, non i sani; a salvare i peccatori, non i giusti.

E per essere salvati in quanto peccatori, da Gesù, non abbisogniamo di molti sforzi: è sufficiente riconoscerci. E il nostro essere peccatori, attira Gesù.

Non per questo possiamo aumentare il peccato, per attirare più irresistibilmente il  Signore Gesù. Una volta salvati, è necessario mantenerci salvi: il peccato allora ci mette in disagio nei confronti di Gesù. L’essere stati peccatori, riecheggia nella nostra esistenza, come riecheggiano in noi i grandi momenti di grazia, che abbiamo sperimentato. Il segno del peccato, anche se perdonato, e il segno del momento di grazia rimangono per tutta la vita. Sono continuo stimolo, che fa zampillare il  ringraziamento alla bontà di Dio.

Paolo, che era stato segnato da tutti e due gli eventi, li ricordava sempre, anche perché essi si erano compenetrati vicino a Damasco.

Se desideriamo mantenere vivo l’evento mistico, non possiamo dimenticare l’evento, o il periodo, di peccato.

Quando Francesco scriveva le ultime indicazioni ai suoi frati cominciava: “Quand’ero nei peccati” per poi ricordarsi il crocifisso di S.Damiano e scrivere: “Ma poi Dio mi usò misericordia”.

Ricordare il peccato guardandolo dall’angolazione della misericordia, fa piovere nel cuore un misto di dolcezza e di lacrime. Lacrime sincere, quelle che purificano occhi e sentire.

Se non opprimiamo il sentire di gioia e di dolore, restiamo sempre aperti ai nuovi stimoli e alle nuove esperienze di misericordia e di pentimento, di dolcezza e di commozione. Dio non abbandona chi ha toccato anche una volta sola.

GCM 22.09.10, pubblicato 09.11.10