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Pagliuzza

Uno sport abbastanza frequente è giocato dentro i gruppi ristretti o chiusi, soprattutto se i componenti del gruppo sono costretti a stare insieme: nelle famiglie, tra i colleghi d’ufficio, in fabbrica, nelle comunità religiose. Gesù aveva dato la definizione di questo sport: la pagliuzza nell’occhio.

E’ vero che anche nei grandi gruppi il fenomeno non manca, seppure lo sport, oltre ad essere esercitato dentro il gruppo, è anche esportato pesantemente.

La pagliuzza nell’occhio del familiare, del collega, del confratello. Ho incontrato persone, e purtroppo non poche, che quando smettono un’occupazione che li fa concentrare, appena liberi il loro primo pensiero lo rivolgono alla pagliuzza. Anzi alle pagliuzze, che sono tante, quanti i componenti del gruppo. E se qualcuno di questi è risparmiato, ciò avviene perché egli è un alleato a cercare pagliuzze.

E le travi?

Proprio quel nostro sport della pagliuzza è la nostra prima trave: il piacere di denigrare e di umiliare il prossimo.

Più pesante è la trave dentro di noi, e più siamo addestrati allo sport della pagliuzza. E così rendiamo invivibile l’atmosfera che respiriamo: quell’atmosfera dalla quale lo stesso sportivo della pagliuzza viene sempre più intossicato.

Da sport diventa malattia, e una malattia così grave da togliere serenità e gioia nelle comunità o nelle famiglie.

E poi ci si meraviglia che nei conventi non si riesce più a sorridere e a gioire per il bene degli altri. Chi gioca allo sport della pagliuzza, si impedisce di vedere e gioire per il bene che l’attornia.

GCM 17.09.10, pubblicato 24.11.10