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La cura del contraddire

Si incontrano, e non raramente, alcune persone che, se non contraddicono, perdono l’autostima, che le sostiene. La loro contraddizione si appunta contro tutti, e privilegia coloro, che il contraddittore sente superiori come intelligenza. Bersaglio preferito: persone che altri stimano o temono per la loro superiorità autorevole.

Talvolta tali contradditori infastidiscono, soprattutto se non si lasciano passare occasione per esercitare le forbici. Altre volte fanno pena, perché contraddicendo mostrano la propria ignoranza, come la ruota dei tacchini.

Io ho continua occasione di studiare la situazione psichica degli obiettori di professione, perché da alcuni anni vivo con uno del genere.

Ricordo, tra l’altro, che una volta espressi la mia idea di fare ricerche di come erano condotte le “messe” del primo secolo cristiano.
Prontamente il contradditore disse che fin dall’inizio tutto era chiaro e per conferma citava un autore del terzo secolo. Pur di contraddire, non teneva conto che duecento anni non erano un giorno.

Altra volta, alla morte di un sacerdote suicida, ipotizzai che il morto fosse rimasto solo. E il contradditore, che non conosceva nulla di quel sacerdote, obiettò risolutamente che quel sacerdote era in contatto con molte persone. Come il solito davanti alla sicumera io sorrido e taccio. Poi, in una pubblicazione, curata da alcuni amici del morto, leggo che questi, nell’ultimo tempo della vita, diceva:
“Nessuno mi viene a trovare”. Il contraddire, per quella persona, era quotidiano.

Il contraddire, per qualche persona, è come il vino. Tira su per un po’ di tempo; ma non sana dall’ignoranza e dalla pretensione.

GCM 12.04.10  -  pubblicato 16.05.10