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Città figlia

Nella Bibbia scopriamo un modo particolare di indicare una città. Gerusalemme, per esempio, è indicata come "figlia di Sion", "figlia di Giuda", "figlia del mio popolo", "figlia di Gerusalemme", "vergine figlia di Sion", come si legge nel secondo capitolo della Lamentazioni (di Geremia, secondo quanto pretende di affermare una tradizione, ormai superata).

La città quindi non è un luogo anonimo, che semplicemente ospita della gente. Anzi è figlia del popolo, creatura del popolo, che riceve vita e splendore dal popolo, il quale, a sua volta, è il popolo creato da Dio.
    Ci appare allora un triplice piano: Dio crea il suo popolo, il suo popolo crea la propria città, la quale perciò è "città di Dio, città del grande re". Non è la città del sindaco o di chi altri l'amministra.

La città di Dio e del popolo è amata dal popolo e da Dio. Il popolo la vezzeggia, la protegge, la corteggia, l'abbellisce, la rispetta.
    Il triplice piano richiede anche un atteggiamento gerarchico: prima il "timore" di Dio, il rispetto, l'adorazione, la riconoscenza e l'amore. In secondo luogo l'uomo, cui deve servire la città, come difesa e luogo di incontro, rispettando le persone che sono più importanti delle vie e delle case.

La crescita della città è in proporzione della crescita dell'uomo. Non può essere sacrificato l'uomo, in particolare il povero, per privilegiare la strade o le case.
    La civiltà di una città, non la si misura dai monumenti o dai teatri, ma dalla felicità dei cittadini e dal sollievo dei poveri. Affinché la città sia "figlia del popolo", il popolo deve adattare la città alla propria felicità.
    Altrimenti la città è una prigione, dove nessuno si ama, dove prevale l'ambizione dei pochi a scapito dei molti, e dalla città, appena possibile, si scappa per breve o per lungo tempo.

GCM 29.06.02