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Oltre le tecniche

Spesso un senso di tristezza e di frustrazione prende chi si prefigge di attuare uno scopo umanitario: aiutare chi si trova in difficoltà psichiche, in malattie, in stato di nebbia spirituale o di peccato.

Allora molti di questi operatori cercano di migliorare o di cambiare la loro tecnica di intervento. Ricorrono ad apprendere nuovi metodi, o anche più banalmente  nuovi titoli accademici: quante pareti di studi professionistici sono tappezzate di diplomi, quasicché il diploma renda il lavoro più efficace!
    Io, personalmente, mi trovo meglio con chi esibisce pochi diplomi e molta umanità, cioè a questi mi sento più affine.

Altri operatori si rivolgono a un settore diverso: essi rivedono se stessi, le motivazioni del proprio operare, la propria capacità di entrare in una vera comunicazione con le persone che incontrano.
    Mi sono chiesto spesso, perché un infermiere riesce a infondere maggiore speranza negli ammalati, che non il primario del reparto? Qualche infermiere e non tutti, s'intende.

Scienza e tecnica sono ottimi aiuti per sollevare le sventure dell'uomo (quando non le creano, come avviene per la bomba atomica). Però la scienza e la tecnica servono all'uomo, quando sono applicate con dolcezza, con amore, con umanità personale appunto.
    Negli interventi psicologici, si avverte di più la differenza tra il tecnico che vuole aggiustare i meccanismi psichici (esistono?) e l'uomo che accompagna un altro uomo, semplicemente cercando di entrare nel mondo dell'altro.

Sotto questo riguardo, Dio è un ottimo terapeuta, che rispetta la libertà dei suoi figli.

GCM      18.08.02