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Canto

Mi sto ricredendo. Fino a quando non si è fatto rumore sui calciatori della nazionale italiana, che non sanno o non vogliono cantare, ero dell'idea che soltanto i cattolici italiani fossero afoni durante la messa.

Infatti su ogni dieci presenti canta una sola persona, quando addirittura non sia il solo prete a cantare davanti a duecento fedeli dignitosamente impalati al cospetto di Dio.

E invece ecco il campionato mondiale di calcio e insegnarmi.
In chiesa pochi cantano, nello stadio pochi calciatori italiani cantano.
L'Italia gode della falsa fama di essere un popolo canterino.
L'Italia è rovinata da Pavarotti, da Zucchero e dal coro di S. Cecilia.

Infatti, se non si canta almeno come Pavarotti (per chi ama il bel canto), o come Zucchero (per chi preferisce i cantanti al bel canto), non ci si espone al ludibrio. Di chi? - Evidentemente del Generale d'Armata o del Presidente del Consiglio più esigente, che risponde al nome di narcisismo. Il dilemma: o cantare come artisti celebri, oppure tacere. E quindi si tace.
Anche i cori rovinano. Ho visto delle persone, che, alla messa, non aprono bocca, neppure sotto la minaccia di un mitra o di una scomunica, e che invece quando si innestano in un coro, si mettono a cantare. Sono le persone che per fare qualche passo, ricorrono a un appoggio, a una situazione dove il cantare fa parte di un gioco. Come se la Messa non fosse un gioco sublime, al quale siamo invitati (non comandati) di partecipare.

Messa: spesso ridotta a un gruppo di taciturni, condannati a restar fermi per trentasette minuti primi e diciotto secondi (guai sgarrare di cinque secondi: la gente scappa di chiesa!).
Non si conosce la gioia del lodare cantando.

GCM 06.06.02