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Il contesto

Esiste un verbo, forse un po’ barbaro, ma molto significativo. Esso è: contestualizzare. Di fatto una parola assume un diverso significato, secondo come è collocata nel discorso.  Basta un semplice “non”, per cambiare il significato della parola.

Lo stesso accade per le frasi: hanno una funzione differente secondo dove si trovano. Se poi sono avulse dal contesto nel quale sono state usate, diventano veleno, anche quando sono parole dolci. Il giornalismo scandalistico è super-maestro in questo gioco di prestigio.

Molte volte è sufficiente il cambio del tono di voce, per collocare la frasi dentro significati diversi, o addirittura opposti.

Nel Vangelo di Luca, per esempio, troviamo una stessa parola rivolta a Gesù, che diventa ironia o lode. Mi riferisco al discorso sulla risurrezione del capitolo 20.

I Sadducei, che se ne infischiano della risurrezione dei morti, iniziano la loro obiezione (che credono vincente, contro un certo modesto predicatore di Galilea) così: “Maestro”. Volevano canzonare quel “maestro” che affermava la risurrezione (e l’avrebbe poi confermata nella sua persona…).

Gesù semplicemente li confuta. Alla fine ecco presenti gli antagonisti dei Sadducei, ossia i Farisei, che affermano la risurrezione dai morti. Anch’essi iniziano con la stessa parola: “Maestro”. Questi sono convinti che Gesù abbia parlato bene, e lo lodano. Il Maestro ironizzato dagli uni, lodato dagli altri.

Ho udito talvolta usare le parole di Gesù, avulse dal contesto. Quando Gesù dice: “La tua fede ti ha guarito”, non intende la frase come un assoluto, strappato dal contesto. Il contesto è lui, la fede è relativa a lui, e perciò salva. Una fede chiusa in se stessa non può salvare nel senso di un dono di Dio.
Purtroppo chi crede che l’uomo abbia in sé forza di salvarsi, usa malamente la parola “fede”.

GCM 14.11.13