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Dono e funzione

Quanto il Signore dona a una persona o a un gruppo, mentre eleva chi ha ricevuto il dono, lo investe anche di una funzione sociale. Altrimenti si cade nel grosso errore di prospettiva, nel quale era caduto il popolo di Israele.

Dio aveva scelto ed elevato a “primogenito” Israele, in vista della venuta di Gesù e della salvezza di tutti gli uomini e di tutti i popoli.
Israele non comprese il valore della sua funzione sociale e universale, come Dio disse al profeta Isaia, e si chiuse in se stesso accarezzando i propri privilegi a scapito del bene che era destinato a compiere nel mondo per tutti.

S. Pietro avverte i presbiteri di non essere tronfi di sé, ma di esercitare la loro funzione di pastori. Il grave pericolo del clero (già la parola è un programma: gruppo di scelti!) è quello di diventare casta che domina, che esige privilegi, che si sente staccata dalla gente (ecco il presbiterio nelle nostre chiese, più alto della platea!) e che ama più gli onori che gli oneri.

Il privilegio di essere madri e padri non è una fonte di onore, ma una indicazione della funzione procreatrice ed educatrice.

Il dotto non può pavoneggiarsi della propria statura intellettuale, dell’essere intellighenzia, ma ha la funzione primaria di “istruire gli ignoranti”.

Non esiste condizione umana, che non rivesta una funzione sociale, che spesso si eleva a missione.

Dio non è chiuso nella sua divinità, perché essa ha la funzione dell’amore trinitario e della creazione del mondo, come dono della propria essenza al cosmo e all’uomo. Tutto viene da Dio, e tutto è in funzione all’altro, per realizzare completamente se stesso.

GCM 14.06.13