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Felicità dei beati

Beatitudine, ossia felicità.
Diciamo beato perfino Dio, per indicare il suo stato di completezza divina.
La parola di Dio, per esempio nei salmi, enuncia frequentemente la beata felicità.
Il Vangelo di Matteo fa iniziare il discorso di Gesù con l’annuncio delle beatitudini. La prima beatitudine è la gioia trovata nel polo opposto del pensiero moderno. Beati i poveri.
Quante volte ho udito dire dalla povera gente, che stenta a campare, “Beati i ricchi!”.
Gesù ha ragione, e avrà pure le sue ragioni, per affermare che sono felici (della felicità di Dio) i poveri.
Il motivo della annunciata beatitudine, Gesù lo esprime: “Perché di essi è il regno dei cieli”. La felicità del povero è quella di essere sicuro della sua appartenenza al Regno dei cieli. Il Regno dei cieli semplicemente è Dio.
Certamente la felicità che promana da Dio, è di una grana molto delicata; perciò è necessaria una capacità di gustare non grossolana.
Eppure quei momenti, nei quali percepiamo tale beatitudine, tutto si illumina e quasi si allarga in noi. Sono momenti, che non possiamo ripeterli con le nostre capacità, ma sono esaltanti doni di Dio, che di tanto in tanto ci dona una spinta nel nostro camminare vitale.
Con le nostre capacità non possiamo moltiplicarli, eppure quasi li rieditiamo attraverso il ringraziamento per “la grazia ricevuta”.
Gesù stesso ha usato il termine “beato”, per indicare ai suoi la radice di ogni felicità.
09.03.20