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Credenti e religiosi

Dio non lo si adora a Gerusalemme (il tempio), né su Garizzim (altro tempio), ma nello spirito e nella verità. Di questo ci assicura Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni.

Gesù non ha fondato una religione; ne aveva già troppo della religione nella quale s’era trovato a vivere. Era così insofferente da trasgredire il nucleo di quella religione, tanto da non tener conto dell’apice di essa: il riposo del sabato.

L’avevano capito bene i cristiani del primo tempo, che si radunavano per il “ricordo” di Gesù, e andavano al tempio per praticare la religione.

Gesù viveva la libertà dalle istituzioni, trasgredendo, per esempio, il sabato, e indicava alle persone tale trasgressione, indicando ai guariti di accollarsi la barella, ciò che i sacerdoti non riuscivano a digerire.

Il tentativo di “religionizzare” la rivelazione, tra l’altro ha anche influito sulle eresie.

Certe osservanze religiose, assunte anche dalla “chiesa”, possono anche aiutare la fede in Gesù, ma corrono anche il pericolo di sostituire la fede.

Allora, staccare ogni atto religioso dalla fede? Distinguere sì, per non affidare alle religioni la salvezza che si attua soltanto nella fede. Al caso, servirsi di atti religiosi, se favoriscono la penetrazione della fede. Però bisogna sempre essere convinti che siamo salvati dalla fede, che ci lega a Gesù e tramite lui al Padre.

Scambiare “chiesa” (raduno dei chiamati da Gesù per continuare la sua vita) per una religione tra le altre, ingenera un grave errore di prospettiva.

05.09.19