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Ripetenti

     Non si sa se le continue riforme della scuola considereranno ancora la categoria dei ripetenti: gli studenti che sono reputati non forniti delle nozioni necessarie (ancora nozioni) per affrontare lo studio successivo.

     Ai miei tempi, il ripetente lo si distingueva, perché era più alto di noi e veniva situato negli ultimi banchi.
     Di solito il ripetente, avendo un'età superiore a quella degli altri, conosceva già qualche trucco nella vita, imparato non a scuola, ma sulla strada. E poi, era anche più cresciutello, e quindi più robusto.  

     Astuzia e forza lo rendevano degno di considerazione e di rispetto, talvolta più dell'insegnante, almeno sotto qualche riguardo.

     Scompariranno i ripetenti? Questa eroica categoria? Mai più. Però adesso parlo non dei ripetenti alunni, ma dei ripetenti insegnanti.
     Di fatto ripetenti eterni sono gli insegnanti.
     Gli alunni, anche i cosiddetti asini, vanno avanti, e sponte o spinte, escono di scuola. Gli insegnanti non escono, se non cacciati dalla pensione. E poi gli insegnanti insegnano ripetendo sempre la stessa materia. Addirittura alcuni insegnanti non hanno il tempo (e la voglia?) di aggiornarsi.

     Si dà il caso quindi che anche l'insegnante sia un ripetente, secondo un secondo aspetto.
     Egli non è un maestro, che dalla propria esperienza ricava ogni giorno nuovi stimoli da donare agli alunni. Egli è anche un semplice ripetitore di libri letti, o addirittura di testi scolastici. Ripete, non crea. È un ripetente di informazioni non sue.

     Tant'è vero che, quando va in pensione, qualche pensionato non trova nulla di nuovo da creare. Egli si spegne e s'affloscia, perché quanto trasmetteva per il passato ai suoi alunni non era una verità convinta e appassionata, ma un semplice imparaticcio ripetuto fino alla noia.

    GCM,  03.03.02