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Lo psicologo crede?

Mia moglie frequenta uno psicologo, per chiarire la nostra posizione matrimoniale. Io non riesco a entrare in colloquio con lei, soprattutto da quando si reca da quello psicologo. Sono molto perplesso, perché non so se lo psicologo è credente o no. C’è relazione, in uno psicologo, tra fede e professione? – Remigio (MI).

O prima o poi la domanda di Remigio doveva pur arrivare alla redazione di un sito di spiritualità, che ospita la pagina dello psicologo. Evidentemente la domanda di Remigio non è disinteressata e generica, a causa della difficoltà che lui vive in famiglia.

Ho incontrato persone che cercano uno psicologo, fidandosi di lui perché credente. Altre persone che sfuggono da uno psicologo, quando scoprono che è credente. Altre ancora che, essendo comuniste, si fidano soltanto di uno psicologo comunista. Altre, atee, frequentano uno psicologo ateo. Ma anche altre che, pur dichiarandosi scettiche o atee, cercano uno psicologo credente. Tutto dipende dalla fiducia che un cliente ha o immagina di avere verso lo psicologo.

La domanda di Remigio era presente e urgente già un secolo fa, agli inizi di quella nuova corrente psicologica che utilizzava l’analisi. Freud e Jung concepivano la religione, uno come malattia e l’altro come vantaggio psichico. Le loro concezioni erano implicite nella loro visione del mondo e avevano influito sui loro due metodi di esercitare la psicoterapia.

Ricordiamo una realtà basilare: non si può scindere la professione dello psicologo dalla sua personalità. Il colloquio intenzionale (come usa definire in America l’incontro psicologico) è fondamentalmente e semplicemente un “colloquio”: ossia l’incontro di due persone e non quello tra una persona e un tecnico, che abbia una personalità evanescente o celata dietro la nobile maschera della professione. Non ci si avvicina a uno psicologo, come si va dal meccanico a portare l’auto in panne.

La fede dello psicologo è una componente essenziale della sua personalità: il motore che alimenta sia la sua vita che la sua professione. Uno psicologo credente non può sfuggire dalla sua fede senza cadere nell’incongruenza.

Quale influsso gioca la fede durante un colloquio intenzionale?

1°- Nello psicologo. Egli abbraccia la professione con la convinzione non soltanto di guadagnarsi da vivere e di realizzare un compito sociale, ma anche di portare la salvezza di Dio, nel collaborare alla salute psichica della persona, con cui è in dialogo. In coscienza, grazie alla propria convinzione basata sulla fede, sa che non deve confondere la tecnica psicologica con la “tecnica” dell’evangelizzazione o del colloquio spirituale. Perciò rispetta le convinzioni religiose o atee di ogni persona, evitando comunque di contribuire nel confermare le eventuali idee distorte dei clienti in qualsiasi settore della loro vita si manifestino, entrando tuttavia discretamente in ogni settore che il cliente spontaneamente gli apre, fosse anche quello religioso e di fede.

2°- Nel cliente. Allo psicologo si presentano persone che si dichiarano atee, o indifferenti, o credenti. Qualunque sia il disagio o il problema che porta la persona dallo psicologo, la fiducia nel professionista è fattore necessario di ogni colloquio serio e riuscito. Orbene, la fiducia è una modulazione della fede. Evidentemente se la fede del cliente è in sintonia con quella dello psicologo credente, il colloquio potrebbe utilizzare una marcia in più. Purché sia nel cliente che nello psicologo si tratti di fede autentica in Gesù e nella sua parola, che risana e rasserena.

GCM, Novembre 2005