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Anonimo

Risposta 2

( a consolidaregalis@libero.it)

 

La ringrazio per aver pensato a me e sentire la mia opinione. Dal testo delle sua e-mail non riesco a cogliere la faccia di chi scrive. Ciò mi procura una difficoltà aggiunta alla difficoltà di rispondere al quesito che Lei mi propone.

Lei, comunque, è così gentile da semplificare il mio compito nel rispondere, perché riconosce che nessuna ha la ricetta pronta. Forse Lei insinua che tutti noi ci scontriamo con capi e capetti.

Aggiungo; nessuno ha la ricetta pronta per risolvere la proprie difficoltà. Figurarsi quando si trova di fronte alle difficoltà degli altri!

Allora non resta che tacere? Non resta che ammettere la inutilità del dialogo umano, la cosiddetta incomunicabilità?

Sarebbe un misero defilarsi, un misconoscere il dono del parlare, e con il parlare il darci una mano.

Ci viene in soccorso l’esempio e l’opera di Gesù. Egli si fece uomo per “parlare” con noi, e, in quanto “Parola di Dio” non solo insegnarci ma anche produrre salvezza: “Venite alla mia scuola, imparate da me … il mio peso è leggero”.

Se Lei e io siamo campati fino a oggi, significa che in qualche maniera ce la siamo cavata in mezzo alle nostre inevitabili difficoltà. Forse dalla nostra stessa esperienza possiamo già ricavare il metodo per sgusciare di tra le difficoltà quotidiane.

Quando la Bibbia accenna alla “sapienza”, prima di tutto intende il nostro banale “arrangiarci”. – Però l’arrangiarci può essere attuato attraverso piccoli cabotaggi, oppure con lo sguardo rivolto più in là, tanto che possiamo perfino non temere un’andata incombente, sapendo che la nostra piccola barca è comunque destinata a raggiungere il porto: le braccia del Padre. Il Vangelo ci aiuta a non toglierci dal mare, non a placare le onde (a questo è capace di provvedere Lui), ma a barcamenarci con fiducia e con speranza, perché anche nel mare in tempesta Gesù è con noi.

GCM    04.08.02