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Il suicidio

Mi ha colpito molto il suicidio di un sacerdote, aperto, colto, direttore di coscienze,teologo stimato. Perché? Lei che cosa ne pensa?

A. T. (VI)

Chissà che cosa è avvenuto dentro la mente della persona suicida. È inutile cercare: soltanto Dio lo sa, e, in parte, lo sa anche il solo interessato all’evento. Noi purtroppo siamo tentati a indovinare, proiettando necessariamente su quella persona le nostre idee: se io fossi stato al suo posto, perché l’avrei fatto? Perciò parlarne o scriverne è molto disagevole, perché, tutto sommato parliamo di noi davanti a un episodio che ci turba.

Eppure m’accorgo che A.T. mi chiede un parere, anche per tranquillizzare se stessa. Allora si può accennare a qualche ipotesi.

1°- Chi si è sentito scosso da quell’evento, prima di tutto scopre dentro di sé una dissonanza tra l’immagine del prete che si era fatta, e il gesto che quel prete ha compiuto. Significa porre in discussione una delle certezze immaginarie, proprio nel dover costatare un fatto reale. Se A.T., che mi scrive, dava per scontato che il suicidio può essere ammesso per tutti, ma un po’ meno per i preti, sta imparando che anche i preti sono uomini.

2°- Qualcuno ha provato il rimorso, perché teme di non aver fatto di tutto per evitare quell’evento increscioso. Forse non si ricorda che la persona suicida è libera, e che noi, per quanto si faccia, non possiamo pretendere di essere così potenti, oppure onnipotenti, da impedire un suicidio. Non lo fa neppure chi è costituzionalmente onnipotente, come Dio. Tanto più che quasi mai il suicida, quando ha stabilito di morire, confida ad altri il suo proposito.

3°- In occasione proprio di questo episodio, ho udito affermare anche che il suicida è stato lasciato troppo solo. Può darsi. La solitudine è una triste condizione, molto diffusa nel nostro tempo. Però non tutti i soli ricorrono al suicidio. Notiamo tuttavia che vi è la solitudine causata dall’abbandono di persone vicine o care. Vi è però anche la solitudine più raffinata di chi non vuole farsi aiutare da un esperto. Infatti è da rammentare che il ricorso a un esperto non sempre produce un aiuto efficace, perchè chi aiuta e chi è aiutato sono chiamati a collaborare attivamente, mentre spesso chi dovrebbe essere aiutato si pone passivo oppure più o meno apertamente ostile, se non addirittura sfidante ("Sarai tu capace di vincere la mia depressione?"). Inoltre è chiaro che l’aiutare è sempre molto più facile che il farsi aiutare. Anche senza intenderlo, chi aiuta è situato in un livello superiore. Il farsi aiutare è davvero difficile, perché richiede un robusto cambiamento psichico, quasi una conversione. Infatti chi soffre per un disagio psichico, chiede aiuto, ma con il desiderio latente che l’aiutante lo lasci rimanere nella situazione di vita passata, quella abituale, che lungo il tempo aveva provocato la sofferenza, però tolga soltanto la sofferenza. È come la ricerca di una pillola, farmacologia o psichica: alleviare il dolore, senza cambiare la vita, che di fatto sta causando il dolore. Questa situazione si complica quando chi domanda aiuto ha già costruito una struttura intellettiva e psichica (di principi e di atteggiamenti) di grande spessore immaginario, per confermare le proprie scelte e non si sente di lasciarle crollare perché le stima le uniche valide. E si complica ancor di più in quelle persone, che nel passato si erano assunte la funzione di sostenere gli altri nella loro guarigione psichica e morale. Perché mai la percentuale più alta di suicidi tra i medici, secondo una statistica statunitense, si trova nella specialità degli psichiatri?

4°- Parlare di un suicida è arduo. Chi riesce a retrocedere per la strada giusta che dal suicidio porta prima alla depressione, poi alla rigidezza e all’abbandonismo di base? Perché il suicida tenta il gesto più di una volta? Perchè nello stesso posto? Perché in modo vistoso e non di nascosto? Perché sosteneva altri, mentre crollava dentro di sé? Perché? Perché? – Ipotesi su queste e su molte altre domande è opportuno trovare durante la ricerca scientifica, e non buttarle davanti a tutti.

Non so se ho risposto a quanto desiderava A.T., ma alcuni spunti, discutibili se si vuole e riformabili, mi pare di averli offerti.

Gennaio 2006 GCM