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Seguire l'emozione

Le scrivo per confidare una questione, che mi mette in crisi.

Uno psicologo così rispose a una donna sposata, innamorata di un uomo sposato e con figli: “Credo che dovresti imparare a lasciarti andare a questo amore, ad accoglierlo per quello che è. Perché magari potrebbe proprio essere un amore giusto, da non sabotare con paure inutili. In fondo con quest’uomo stai bene, ti senti apprezzata, puoi essere felice”. A prescindere dalla morale cattolica, sono convinto che lo psicologo abbia ragione nel consigliare, senza tener conto della questione religiosa. D’altro canto so che se un uomo è sposato in Chiesa, non è libero di lasciare la famiglia e vivere con un’altra.

Dal punto di vista psicologico sembra che non vi sia nulla da dire se due persone che si amano abbandonano la vita precedente.

Il matrimonio religioso si giustifica in forza di un’idea. Il ragionamento consiste nel fatto che la percezione delle proprie emozioni può essere ingannevole. A volte ci si crede infelici … ma quando è trascorso molto tempo, ci si accorge che quella che sembrava infelicità risulta esser stata una vita pienamente felice … E. C. (PD)

 

Credo che la situazione proposta si debba considerare di natura multiforme (come è qualunque esperienza umana), sotto diversi scorci di vista. Accenno ora ad alcuni solamente.

1°- Il modo in cui è vista la situazione dallo psicologo, da quella donna (che se fosse sicura non avrebbe bisogno di consultare uno psicologo), da chi scrive la lettera e da chi risponde ad essa. Già questo ci fa entrare nella complessità, come mi sembra risulti anche dalla lettera (che qui non è stata riprodotta per intero).

2°- Lo psicologo, di cui si parla, conosce bene la signora, che lui consiglia? L’ha conosciuta soltanto … per lettera? È sempre un rischio indicare da distante una strada da percorrere.

3°- Alcuni psicologi, seguendo un illustre maestro, presumono che la psicologia sia “al di sopra del bene e del male”, ossia svincolata dalla morale. Tuttavia non s’accorgono che loro stessi parlano e agiscono per raggiungere e far raggiungere un “bene” a coloro che “consigliano”. Perciò nessuno può collocarsi al di là del bene e del male, comunque si intenda il bene e il male.

4°- Se E.C. è caduto in crisi, ciò stimola ad ipotizzare che la situazione descritta “gli” interessa non soltanto astrattamente. Coscienza e fede, rimpianti e desideri, sicurezza e dubbi, la persona e i suoi cari, e quant’altro, fanno parte delle variabili che causano la crisi. proprio perciò non mi sento di “consigliare” lo scrivente, ma soltanto di riflettere con lui su una realtà sebbene proposta come problematica.

5°- Premetto: quando io parlo di comportamento morale o etico, non mi riferisco a leggi astratte di etica, neppure a quelle presentate come “pensiero della Chiesa”, ma all’agire e la vivere secondo la persona di Gesù, nostro Salvatore, al quale guarda tutta la chiesa (ossia noi credenti) per definire e vivere il nostro “camminare” lungo la “via” (“io sono la via”, dice Gesù).

6°- Dalla lettera mi sembra di poter arguire (mi si corregga se erro) che le parole dello psicologo e quelle di Gesù (mediate probabilmente dalla dottrina ecclesiale) siano poste sullo stesso livello, e quindi sono presentate come conflittualità tra due pari. Se invece le parole di Gesù e quelle dello psicologo o di tutta la psicologia (che tuttavia io rispetto e professo!) si situano su due livelli diversi, usciamo dalla conflittualità, per notarne la congruenza o la incongruenza.

7°- Allora si cerca di armonizzare una visione parziale dentro una visione completa. Non si tratta quindi né di respingere Gesù in nome della psicologia, né tantomeno di adattare Gesù alle esigenze (conclamate con quale autorità?) della psicologia, degli psicologi e della “donna innamorata”. Invece è vitale far penetrare Gesù nella psicologia per illuminarla di Lui.

8°- Roberto Benigni diceva che la Bibbia è l’unico libro che ha per autore chi l’ha scritto e chi lo legge, perché egli è l’autore del libro e dei suoi lettori. Gesù non solo ha creato una “dottrina”, ma ha anche creato gli uomini ai quali quella – chiamiamola così – “dottrina” era indirizzata. Ha, quindi, considerato tutta la persona, non solo la sua vita emotiva e sentimentale, ma anche il suo corpo, la sua intelligenza, la sua volontà, i suoi rapporti plurimi (amici, connazionali, marito, moglie, figli, ecc.), il suo cammino lungo tutta la vita che riserva sempre novità e non soltanto a breve termine, ecc. Perciò quando egli parla, non tiene presente solo una zona momentanea degli individui (compreso quello che noi diciamo innamoramento), ma il complesso armonico di tutta la persona, del suo destino e della sua destinazione eterna. A favorire questa armonia siamo invitati per trovare luce e pace.

9°- Mi chiedo a volte: perché i santi, al raggiungimento della propria armonia, sono davvero felici?

Forse il mio pensiero potrà riuscire meno oscuro a coloro che sono abituati a leggere questo sito.

Gennaio 2006 GCM