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Ricercatrice approdata

Sono stata sempre una donna inquieta, mai contenta di ciò che ero. Non so contare i libri di magia, di religioni orientale, di psicoterapia che ho letto. Poi sono ritornata a riconsiderare Gesù, e la mia inquietudine sta tramontando. Ho condotto mia figlia nelle ricerche e nelle pratiche più strane. Ora vorrei riportare mia figlia alla pace, facendole scoprire ciò che io ora sto scoprendo. Mia figlia si rifiuta. Che cosa devo fare? Ernesta (Genova).

La lettera della signora Ernesta fa propendere a catalogare il suo problema tra i problemi religiosi, di competenza quindi del suo “direttore spirituale”. Però il fatto che lei si sia rivolta a uno psicologo, indirizza a illuminare anche la dinamica della situazione sotto la prospettiva psicologica.

Donna inquieta si definisce Ernesta. La sua inquietudine può consistere semplicemente nel bisogno umano di correre per il mondo in cerca di pace e di felicità. Tale inquietudine potrebbe anche essere esasperata da un’infanzia senza affetto o traumatizzata. Può inoltre esser stata appesantita da sensi di colpa o da ambizione non appagata, da matrimonio insoddisfacente, da scelte sbagliate o da incontri (libri, guru, asceti, ecc.) non opportuni.

L’aver trovato pace nel nuovo incontro con Gesù, è indicativo di quale poteva essere la causa dell’inquietudine, o almeno una delle cause non secondarie. È comunque risaputo (e non solo dopo le scoperte di S. Agostino: il nostro cuore è inquieto, se non riposa in te) che il riarmonizzarsi con Cristo corrisponde anche al riarmonizzarsi con la nostra vita primordiale, ossia con la radice di noi stessi. Quest’armonia con noi stessi è, in altri termini, ciò che Gesù afferma: “Se non tornerete come bambini …”. Una radice che trova alimento e consistenza in Dio.

Sebbene questa pace ritrovata con se stessa sia un pervenire a un approdo gratificante, non è tuttavia l’ultima fermata nel tragitto della vita di Ernesta. Non sia una pace illusoria, che dopo non molto tempo si sgonfia. Per alimentare tale pace è richiesta un’ulteriore scoperta di fede e un aggiuntivo lavoro psicologico. Scoperta e lavoro, che perdurano tutta la vita.

Ernesta inoltre è preoccupata per la figlia. Come l’ha condotta per vie sbagliate, ora vorrebbe portarla sulla retta strada. Si sente responsabile e in colpa per la devianza della figlia, favorita propria da lei stessa. Ed è una responsabilità, la sua, che logora e appanna la gioia dell’approdo in Cristo. Però la inedita situazione di Ernesta non è improbabile sia vissuta con lo “zelo” del neofita e con la stessa tensione emotiva della passata esperienza: un bisogni di condurre e, in soldoni, di comandare la figlia.

Come il guru di una volta imposto alla figlia creò ribellione, così Gesù, se anche lui imposto, crea e creerà immancabilmente un rifiuto. Lo zelo indiscreto irrita. E quasi tutti gli “zeli” troppo ardenti vengono rifiutati o si subiscono passivamente fino a che comoda. Anche gli zeli delle persone pie, che pretendono di convogliare il mondo dentro la corrente delle loro personali devozioni.

Gesù ci ha liberati perché restassimo liberi: è la tesi che si legge nella lettera di S. Paolo. Adesso che Ernesta si sente finalmente libera non può rinunciare alla propria libertà, imponendo direttamente o indirettamente una nuova strada alla figlia. Infatti noi siamo liberi in proporzione di quanto rispettiamo la libertà degli altri.

GCM Nov.2005