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Fede non credente

Ho incontrato, durante la vita, molte persone che nutrivano molti tipi di fede. Fede in Dio, in Maometto, in Mosè, in Gesù, nel Buddha, nella Trimurti, negli avi, nell’Essere Supremo. E poi fede nella scienza, nella filosofia, nell’estetica, nell’amicizia, nel sacro conto in banca. E perfino fede nel politico di turno che promette mari e monti, il riscatto dall’oppressore, la supremazia della razza...

Ogni uomo vive con una fede. Perfino con fede in se stesso, nella propria assertività, nei propri muscoli.

Ma la fede che più mi ha interessato è la fede di chi crede di non credere. Egli crede nel proprio ateismo, nel proprio scetticismo. E accumula argomenti su argomenti per autoconvincersi di essere ateo, ateo autentico, brevettato, con le stellette.

Siccome ogni uomo vive di fede, questa persona ha puntato tutto sul cercare la sicurezza nel proprio non credere. Addirittura appoggia la propria fede sfiduciata, adducendo la negatività del mondo che lo circonda, delle persone piccine e negative. Egli giunge a nutrire fede nel proprio suicidio come fine di ogni male. Fede ampiamente sprecata, mentre sarebbe tanto facile buttarsi nelle mani di Dio, senza tutti gli arzigogoli ripetuti per autoconvincersi della propria non-fede, o, se si vuole, inesattamente, del proprio ateismo.

Ateismo significa “senza Dio”. Ma nessuno può cancellare Dio, presente sempre. Il non credere riguarda non l’oggettività di Dio, ma la soggettività di chi si crede non credente.

Assisto allo sforzo continuo di chi crede di non credere. Basta accennare alla fede in Dio, e costui si chiude a riccio per allontanare l’argomento. Egli, critico su tutto, non critica la propria incredulità.

GCM 19.11.12