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Preghiera e verità


    Il testo del Vangelo di Luca ci parla di Gesù, che si raccoglie fuori dell’abitato per immettersi nella preghiera. E subito dopo, senza indicare che era uscito dalla preghiera, parla ai suoi discepoli.

    Il testo originale è più chiaro, pur nella sua costruzione logica un po’ lontana dal nostro modo di procedere nell’esprimerci. È opportuno riportarlo letteralmente.

    “E avvenne nell’essere lui pregante da solo [raccolto] erano assieme con lui i discepoli, e interrogò loro, dicendo: le genti che cosa dicono che io sono?” (Lc 9, 18)

    Come si vede, nella prima parte il soggetto della frase sono i discepoli: la loro presenza non contrasta con il Gesù “solo” (monas) nella preghiera.

    Quando Gesù interroga, sta ancora pregando? Il periodo del Vangelo, avendo accolta nella stessa frase preghiera e interrogazione, sembra non disgiungere le due azioni. Potremmo immaginarne il perché?

    La preghiera è apertura a Dio-Verità, e quindi a Dio-Amore. Dove ci si relaziona con Dio ci si relaziona con la Verità.

    Perciò ogni verità, accolta e guardata, è un accordo con Dio, sia nella preghiera che fuori della preghiera cosciente. Gesù prega nella Verità con Dio e nella Verità con se stesso. Il fatto che chieda prima ed esprima poi la verità su se stesso, è una “preghiera”. Per essere unito ai discepoli nella preghiera, vuole condurre i discepoli nell’affermare la verità su se stesso. È un trascinare i discepoli nella propria preghiera, anche attraverso la “verità”. Perciò il “Credo” è anche preghiera.

    29.09.14