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Il vuoto dell’inutilità

    Molte persone si vivono inutili. Non solo gli anziani, ma anche molti giovani. E’ sufficiente osservare quanti giovani e quanti anziani si sperdano nel far nulla o nel darsi alle cose di significato effimero. Se poi si ripromettono di “far” cose grandi, ma non di essere pienamente se stessi, allora accettano le proposte di una società pregna di voglia di possedere, succhiando il sangue degli sprovveduti, dei molti sprovveduti.

    Il vuoto dell’inutilità può carpire tutti, soprattutto coloro, che avevano affidato all’attività, più o meno intensa, la funzione di affermare se stessi. Cessa l’attività o diminuisce, e affiora il vuoto, il non sapere che uso fare della propria vita.
   
    Proprio questo senso di vuoto può trasformarsi in un richiamo: il richiamo all’interiorità, a guardare finalmente con attenzione dentro se stessi, per scoprire se la propria vita vale solo per i risultati o i successi raggiunti dall’operare o dal raggiungere mete prefisse.
   
    Chi gode del dono della fede non si abbandona al vuoto. Egli vive come Gesù: “Non sono solo, perché il Padre è con me”. Non si è lasciato allontanare mai dalla propria interiorità, che è attuata dal continuo dialogare con il Padre.

    Allora si accorge che ogni istante dalla vita vale, perché la presenza di Dio lo fa valere. Allora si accorge di vivere in un continuum, in un ambiente che non ha confini né termine. Non sente lo svuotarsi dell’esistenza nell’inutilità, ma trova che il vivere ora è una parte del vivere sempre. Il sempre è costituito dall’accorgersi di essere sempre pieno della presenza di Dio, che il morire è solamente un cambiare stanza nell’edificio creato dallo Spirito di Dio.

    GCM 19.09.07