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Globalità: grazia e peccato

Gli uomini si accostano sempre meglio tra di loro. Veramente stiamo giungendo al villaggio globale. Sembra che la “dispersione” si acquieti, e le possibilità di dialogo s’accrescano.

L’uomo che, finalmente, guarda in faccia l’altro uomo, si predispone al dialogo.

Ogni dialogo è originato da Dio, perché da lui nascono le famiglie, con le famiglie le razze, i popoli, le nazioni. La globalità è manifestazione dello Spirito di Dio, che, in Gesù, fa dei due uno solo.

La Chiesa di Gesù, dal suo inizio è stata “globale”, ossia “cattolica”. In essa non valgono le divisioni tra uomo e donna, tra pagano ed ebreo, tra ricchi e poveri. La globalità (nome recente per indicare la “cattolicità”, l’universalità) è nel DNA della comunità dei credenti in Gesù. La globalità perciò è grazia, che dal seme “cattolico” trasforma il mondo in unità di persone.

Purtroppo anche nella globalità gli uomini hanno iniettato il male, il peccato.

La globalità dell’economia è destinata a fornire l’eguaglianza tra ricco e povero. Il peccato l’ha trasformata in crescente oppressione dei ricchi sui poveri.

La globalità del sapere è destinata a illuminare tutti della luce che salva. Il peccato la sta trasformando in ricerca di vantaggi per i ricchi (“guai a voi, o ricchi!”, non sono parole mie).

La globalità della salute è destinata a rendere più sereni tutti gli uomini. Il peccato fa brevettare le scoperte mediche.

Nella morale tradizionale della Chiesa è considerato peccato la bugia e il rubare i polli. La globalità ha aperto il terreno ad altri peccati, ben più gravi, che si annidano nell’economia, nel potere, nel sapere.

GCM 19.03.07