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M5 Uomo fatto preghiera

Il lasciarsi andare a Gesù, aveva talmente permeato la vita di Francesco, che i suoi biografi lo designarono come “uomo fatto preghiera”.

Per lui non contava la divisione ascetica di preghiera orale o preghiera mentale: egli si lasciava cogliere dal pregare, e dal vedere ovunque la presenza di Dio.

La sua meditazione era semplicemente il suo essere, essere riempito di Dio, grazie alla fede a Gesù.

Non che trascurasse il raccoglimento. Anzi: talvolta lo si vedeva, anche in mezzo alla gente, astrarsi, nascondere il vol-to nella manica e lì rimanere in contemplazione. Certamente non si può affermare che fosse un nuovo Diogene e che il suo metodo di preghiera fosse la manica. Quello era un espedien-te, come molti altri, per prendere un contatto più intenso con colui, che impregnava la sua vita. Da dove gli veniva questo modo di meditare? Da occidente, da oriente?

Mi sovvengono le parole del salmo: né da oriente, né da occidente, non dal sud, né dal nord viene a noi la salvezza, ma solo dal nostro Dio, che ha fatto cielo e terra.

Francesco non ha indicato a Dio la strada, attraverso la quale Dio si presenti nella meditazione. Lui, uomo libero della libertà che viene dallo Spirito Santo, non poteva costringere Dio, neppure impegnandolo a venire dopo una disciplina ferrea di meditazione.

Dio lo conduceva dove Dio sapeva, e si concedeva a Francesco  quando il suo amore infinito tracimava da sé per incontrarsi con Francesco.

Nella contemplazione gioiosa del Dio presente, ecco sgorgare la poesia, il Cantico delle creature, l’espressione del proprio cuore catturato da Dio, la meditazione diventata inno libero e liberante.

GCM 14.12.11, pubblicato 01.01.12