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Povertà e poveri

4 Ottobre 2012

Mi è capitato tra le mani un dattiloscritto di 42 anni fa. In una esposizione, chiestami dal mio professore universitario, il caro Alberto Vecchi, trattavo l’argomento della spiritualità di S. Francesco, ossia del francescanesimo.

Mentre scorrevo quelle pagine, mi sorse chiara la domanda: Francesco amava la povertà oppure i poveri? Egli fu lo sposo della Povertà della quale si invaghì, al modo di Dante? Oppure amò i poveri, a cominciare da colui che spogliò la propria divinità, per essere povero con noi?

La risposta è chiaramente insita nelle stesse domande: Francesco povero per amore dei poveri, in una fase culturale nella quale l’inurbamento dei contadini aumentava il numero dei poveri.

Amare la povertà per la povertà, può essere un avviso a ogni società del benessere (Diogene), ma può sfociare anche semplicemente nell’idolatrare un ente astratto inesistente: mera e vera idolatria.

Questa idolatria graverà sulla storia dei francescani, come un cancro che cagionerà scissioni. “Noi siamo più poveri di voi, e perciò siamo più francescani di voi”. E da lì divisioni, perfino botte e ...occupazioni di sede ... per amore della povertà.

Paolo ci suggerisce: sfuggire agli idoli.

Essere poveri quel tanto che basta per non essere distanti dai poveri della regione e dei tempi, nei quali ci si trova a vivere. I veri poveri, non quelli che ostentano povertà per accumulare ricchezze, ma quei poveri che con il loro lavoro e con le loro sofferenze ce la fanno a campare. E in questi poveri si ravvisa la faccia di Gesù.

GCM 11.09.11