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Comunità silenti

31.05.12

Perché il silenzio comunicativo in una comunità di frati?

Il timore di scoprirsi. La paura di essere criticati. Il senso di estraneità, in un gruppo imposto, non scelto. La rigidezza nell’esprimersi. E altro.

E intanto tutto il bello che nutriamo dentro di noi, resta sepolto. Sembra che prevalga non tanto il timore di scoprirsi, quanto il pudore che nasconde le nostre bellezze e i nostri valori.

Paura di far esplodere il bene?

Se sappiamo che ogni dono viene dal Padre, perché il dono di noi stessi, della nostra interiorità, non diventa dono ai più vicini, ai familiari?

Odo, talvolta, le omelie di qualche confratello, che resta taciturno come una pietra negli incontri comuni. Nelle loro omelie si snocciola una quantità di idee positive e di sentimenti.

E’ ricchezza interiore che esplode, perché il bene è “diffusivo”? E’ semplice lezione ripetuta? E’ amore verso chi ascolta? E’ vanità e ambizione, che si esprime davanti a chi non può reagire?

Forse è un po’ di tutto questo: desiderio, passione, richiesta di affetto, sfogo di bontà, rabbia che trattenuta a lungo finalmente può esplodere, passione di Dio?

Però tutta questa ricchezza umana, piena di contraddizioni e di sublimità, scende nel versante esterno alla comunità, mentre rimane arido il versante dentro la comunità.

Eppure lo Spirito Santo ha la capacità di addolcire i nostri cuori, ha la forza per farli convertire. E allora la preghiera allo Spirito perché inietti in noi i suoi doni, resta sempre la grande riserva aggiuntiva.

GCM 27.03.12