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Ancora sulla perfezione

30.06.12

Dio non ci vuol perfetti, ma santi sì.

Quante forze sprecate, dentro e fuori il Cristianesimo, per raggiungere la perfezione! Forze che invece ci sono state donate dal Padre, per amarlo.

Si può amare senza essere perfetti, raggiungendo virtù e autocompiacimento. Il semplice è libero: a lui interessa amare Dio… nella buona e nella cattiva sorte.

Spesso ho osservato che la persona che tende a raggiungere la perfezione è molto settoriale. Vuol raggiungere la perfezione in un settore e trascura altri settori, anche più importanti. È questo il caso di quei frati che passano ore e consumano banchi nel dir orazioni, e non riescono ad esprimere una parola affabile, a trattare con bontà, a entrare con amore e con carità nelle esigenze del prossimo.

O il caso del ragazzo che vuol essere perfetto nel partecipare a tutti i gruppi che aiutano il prossimo, ed è una frana riguardo alla castità.

Succede che la persona, la quale tende alla perfezione, non dubita neppure che il perfezionismo è la tendenza più spiccatamente imperfetta, dentro di lei. Non riesce ad essere libera interiormente dal laccio della voglia di essere perfetta.

Anche S. Paolo desiderava essere liberato totalmente da un suo inveterato fastidio di tentazioni (satana che lo schiaffeggiava), e aveva perfino pregato più volte per essere liberato. Dio gli fece capire che doveva accettare le proprie miserie, e che s’accontentasse di essere aiutato da Dio nell’affrontarle.

Credere al Padre e a Gesù: questo è l’essenziale e il sufficiente per essere salvi. E si può credere anche immersi nelle nostre imperfezioni, non combattute aspramente e non coltivate stupidamente.

GCM  23.05.12