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Gesù-Parola

Un rapporto intimo è indicato da Gesù tra la sua persona e la sua parola. Egli annuncia a noi, Dio stesso. Dice: se amate me, custodite la mia parola. Custodire la sua parola è amarlo.

Già nelle piccole nostre relazioni umane avviene questo: quando amiamo una persona cara, rimangono impressi in noi i suoi gesti, la sua immagine, le sue parole, e basta un nulla per ravvivarne e ridestarne il ricordo. Spesso questo è un ricordo tanto vivo, che crediamo di trovarci ancora nella circostanza che ha nutrito di sé il ricordo.

Spesso quell’osservare la Parola, è inteso soltanto come obbedienza ai comandi di Gesù. Eppure questo è soltanto un significato derivato dal verbo greco (tereo), che anche il latino traduce con “conservare” (serbare). In realtà, prima di tutto è custodire, conservare, guardare con cura. Si tratta di un cuore capace di mantenere viva la parola. Come Maria, che “conservava tutte queste cose nel suo cuore”.

A conferma del significato principale di “custodire”, il testo evangelico congiunge la custodia della parola, con l’inabitazione di Gesù e del Padre. Se custodiamo con amore la Parola, Gesù e il Padre vengono stabilmente in noi: Parola di Gesù, veicolo della Trinità, perché la sua Parola non è sua, ma del Padre, che lo ha mandato.

A seconda conferma del significato di “custodire”, ecco, con la presenza della Trinità, la ovvia presenza dello Spirito Santo, che esplica la propria specificazione ricordando tutto ciò che Gesù ha detto. Anzi lo Spirito Paraclito non solo ravviva, ma anche completa la Parola: Egli insegnerà tutto, come dice Gesù.

Chissà perché per secoli la tradizione interna dell’istituzione cattolica, ha posto in ombra la Parola di Dio?

GCM 09.05.10, pubblicato il 23.12.10