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 Povertà e ricchezza - 1

Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Dio si radica nella povertà. La povertà è il suo luogo.

Evidentemente per noi, tuffati in un paese ricco dove è povero solo chi non ha la fuoriserie, le frasi che magnifichino la povertà e ne dichiarino il valore, sono semplice esercizio accademico, che non ci riguarda.

Beati i poveri, per noi che, anche senza accorgerci e senza volerlo, viviamo tuffati nell’opulenza e nel consumismo, è una frase romanticamente bella e nulla di più. Povertà, per noi ricchi, è una stonatura, un non-senso. Ci attira l’essere ricchi, e poi più ricchi, fino oltre la sazietà fino al vomito della stessa ricchezza, vomito che si manifesta nello scialo del superfluo.

Perciò sul “beati i poveri” del Vangelo sorvoliamo: il Vangelo non parla a noi né di noi.

Ma il Vangelo di Luca prepara un pugno sullo stomaco. Noi siamo ricchi, appartenenti a una nazione, che misura la propria salute di civiltà, dalla crescita del PIL, non dalla cultura, dal sapere e dalla virtù (anzi la virtù è derisa e disprezzata anche da chi pretende di chiamarsi convintamente cristiano).

Guai a voi, ricchi. Noi ci esaltiamo per la nostra ricchezza, personale o collettiva. E Gesù a noi, ricchi, rivolge il pianto: Guai! Siete in pericolo! Avete già la vostra consolazione, ossia siete privi del futuro, della speranza. La ricchezza fa inaridire la speranza.

Per i ricchi manca la speranza, ossia la loro vita è vuota, proprio perché hanno già tutto.

Non dice Gesù, che i ricchi cadranno in povertà. Dice che sono nella povertà, nella aridità di spirito.

GCM 15.02.10