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Parole e fatti

Fatti non parole. E’ lo slogan infastidente di ogni opposizione politica, anche quando i fatti sono patenti, sebbene non tutti.

Gesù capovolge la prospettiva: le parole sono più potenti dei fatti. Egli spesso impone ai “miracolati” di non parlare, di non divulgare “il fatto”. In compenso esorta i suoi: “Ciò che udite nel nascosto, lo propalate dai tetti”. I tetti di allora erano bassi e potevano esser trasformati facilmente in podi.

La preminenza della parola sui fatti, persino caritatevoli, è chiaramente espressa da Gesù, quando due sorelle lo ospitano in casa, durante il cammino di Gesù alla volta di Gerusalemme. Una sorella, Marta, fa; l’altra sorella, Maria, ascolta. Ascolta la parola, quindi sceglie la cosa migliore, dalla quale non può essere distolta.

Il fare di Marta, che pure era squisita carità verso Gesù e i discepoli stanchi dal cammino, non era la “parte migliore”.

Marta aveva capito il bisogno del corpo di un viandante, che le era caro. Maria aveva intuito l’intima necessità di quel viandante, che era profeta. Gesù preferisce essere ristorato nel suo incarico di Salvatore, di annunciatore di Dio. Il suo ristoro è questo.

Ciò è chiaro quando Giovanni narra l’incontro di Gesù con  la samaritana, che lui aveva avviato alla salvezza, lui riconosciuto come profeta. I discepoli, che hanno provveduto del cibo, invitano Gesù a rifocillarsi. Gesù afferma che già si era cibato nell’aver annunciato il regno alla donna eretica.

Si aiuta lo stomaco attraverso i doni della natura. Si alimenta il cuore attraverso il dono dello Spirito Santo, che penetra il cuore tramite la parola.

GCM 18.07.10, pubblicato 03.10.10