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Polemica soave

Una delle parabole più incisive nella nostra sensibilità, è pronunciata verso i nemici. Sembra il padre che parla al figlio maggiore, quando esprime il perché della festa nell’essere di nuovo al contatto con il figlio traviato (volgarmente: il figliol prodigo).

La parabola è di seguito ad altre due parabole di festa: la pecora e il gioiello ritrovati. Le parabole sono introdotte (Lc15) da quel “gli esattori delle tasse (pubblicani nemici della patria) e peccatori lo accostavano per ascoltarlo, mentre i farisei e i dottori della legge mormoravano (contro l’agire di Gesù) col dire: lui accetta i peccatori e famigliarizza con loro (si siede con loro a mensa)”.

La cornice, nella quale l’evangelista colloca le cosiddette parabole della misericordia piena di festa, è, fondamentalmente, una cornice di urto. Però, quanta dolcezza anche in quest’urto! La stessa dolcezza del padre della parabola che esce ad incontrare il figlio maggiore, come era uscito correndo per incontrare il figlio minore. La dolcezza che non disprezza l’ottusità del figlio irrigidito, ma cerca semplicemente di farlo ragionare, ma con gli argomenti del cuore, della sensibilità: era morto ed è tornato a vivere.

Morto, non perché ha scialacquato ricchezze, ma perché era lontano dal padre. Morte e vita non sono misurate dal delitto e dal pentimento, ma dall’assenza e dalla presenza. Di fatto ciò che fa notare il padre al figlio maggiore è “Tu sei sempre con me!”.

La lontananza e la vicinanza si esprimono nel rapporto affettivo con il Padre. Il rapporto affettivo, che il Padre vive e prova. La stupidaggine del figlio minore e la pervicacia del figlio maggiore non sono così importanti come l’affetto del padre!

Sappiamo che Gesù nel cuore del padre mette il proprio cuore, perché nella parabola spiega e difende il proprio agire.

GCM 17.03.10  -  pubbl. 23.07.10