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Parola

Gesù guarisce i ciechi nel riserbo di una casa e gli raccomanda di non propalare la guarigione ottenuta.

E’ un comportamento, che spesso vediamo in Gesù: non propalare le guarigioni, ma tenerle nascoste, quasi incapsulate.

Al contrario vuole dilatare gli spazi del suo annunciare.

Sale sul monte, parla nel tempio, allontana la barca da riva per essere ascoltato da più persone, manda i discepoli ad avvertire le persone che il regno dei cieli è prossimo.

Quando agli apostoli dà l’ultimo ordine è “andate a predicare”. I  miracoli possono provocare meraviglia e tripudio: “Un grande profeta si è alzato tra di noi!”. Però, siccome è la fede, e non il miracolo, che porta alla salvezza totale, egli con la parola sollecita la fede.

Chiaramente la preminenza del parlare sull’agire si nota in tutto il Vangelo.

La nostra mentalità, intossicata dal pragmatismo di Tommaso e dei nostri positivisti, pretende i “fatti” superiori alle parole.  Gesù invece rende anche i “fatti” parole. I suoi fatti parlano: la tua fede ti ha salvato.

Le parole per il convincimento. I fatti per condurre alla parola. Non negare i fatti, ma vederli indirizzati alle parole. E, molto spesso, parole che si rivolgono direttamente alla fede, che a sua volta diventa un fatto.

Gesù non evita i fatti: fa del bene e salva. Però è l’annuncio che genera fede e spiega  i fatti. Anche questi sono prodotti dal Verbo (Parola) che li assume.

GCM 04.12.09