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Abbandono e perdono

     Il racconto della morte di Stefano - come si legge negli Atti degli Apostoli - narra che sotto la gragnuola di pietre, che stavano uccidendolo, Stefano pronunciò due frasi: “Signore Gesù, nelle tue mani affido il mio spirito”; “Non imputar questo peccato a loro, perché non sanno quello che fanno”.

     Noto la successione: prima l’affido a Dio, poi il perdono. Immedesimata la nostra vita con Dio, da lui attingiamo la forza del perdono. Senza di lui, senza esser davvero abbandonati nelle sue braccia, non possiamo attivare la forza del perdono.

     Non sappiamo perdonare, perché la forza dello Spirito di Dio non ci ha ancora pervaso. A questo punto riesce più agevole il dimenticare che il perdonare.

     Lo Spirito di Dio non ci pervade, se noi non lo lasciamo entrare. Siamo disposti, sì e no, a permettergli di filtrare in noi ma esitiamo di farci invadere. Infatti teniamo chiusa o socchiusa la porta della preghiera, della contemplazione e dei sacramenti.
     Eucarestia e Vangelo entrano in noi ben dosati e a gocce, perciò lo Spirito viene impedito nella sua azione.

     Senza Spirito di Dio, è difficile o impossibile perdonare. Il Padre è misericordioso perché vive lo Spirito. E noi riusciamo ad essere misericordiosi, se partecipiamo dello Spirito del Padre. Alcuni autori traducono la frase del Vangelo che incita alla misericordia, con “Siate misericordiosi poiché il Padre è misericordioso”. Non uno sforzo per imitare Dio, ma un essere in Dio per utilizzare il suo modo di largire misericordia.

     Non solamente la nostra vita dipende dal creatore, ma anche il nostro agire è nelle sue mani potenti, se alle sue mani noi ci affidiamo.

     GCM 26.12.07