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Sono peccatore

“Pietà di me peccatore” pregava il pubblicano, distante fisicamente, eppure vicino al cuore di Dio. Ne uscì giustificato, a differenza del fariseo.

Come poté affermare Gesù, che il pubblicano usciva giustificato, se non fosse stato addentro nelle cose di Dio? Egli è lo stesso Gesù, che, “bestemmiando” secondo il giudizio degli scribi, assolse dal peccato il paralitico.

Il giusto, l’uomo a posto in tutto, perfino nella tassa sulle erbe del campo, non è giustificato. Il buono  e retto secondo il giudizio degli uomini, e quindi di se stesso, non è giustificato da Dio.

Tutti noi abbiamo avuto la grazia di aver peccato! Paolo: “Tutti egli incluse nel peccato” per donare la misericordia.

La grazia di essere peccatori, ci pone nella condizione di pronunciare la preghiera efficace, la condizione di una preghiera sincera, che esce dal cuore.

“Riconosciamo il nostro peccato” ci stimola la liturgia proprio all’inizio del nostro comune incontro con il Padre. La preghiera del pubblicano è più radicale: “Sono peccatore”. Egli chiede misericordia sulla sua persona, non sulle sue opere solamente.

La grazia di aver peccato, penetra a fondo: la grazia di essere peccatori. Peccatori dal cuore tremante nell’accostarci a Dio, e dal cuore gioioso e riconoscente nel partire da lui.

Ma attenzione: il servo perdonato deve perdonare al collega. Perdonati da Dio, noi peccatori perdonati, ritorniamo nei panni tristi del fariseo, quando critichiamo gli altri che sbagliano. La luce che il Padre ci dona con la misericordia, deve diventare luce per il prossimo.

GCM 23.08.08