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Il vaso fragile


   Chelchia, quando gli Ebrei ritornarono nel proprio paese, dopo l’esilio a Babilonia, si preoccupò di ricostruire il tempio di Gerusalemme. Esso era cuore e simbolo dell’unità del popolo.

   Tra le macerie del tempio (descritte ampiamente dai documenti e dai salmi) per caso si rinvenne il libro de lla Legge, nascosto.

 Le macerie, come la costruzione intatta, nascondevano e custodivano il tesoro di Dio.

   E’ immagine della Chiesa. Che essa sia in periodo di santità o in quello di peccato, essa custodisce la Parola di Dio. Oggi quanti si dicono cristiani e gioiscono per essere tali, dipendono dalla Scrittura custodita dalla Chiesa, anche quando questa fu perseguitata a morte, proprio perché custodiva i libri della Sacra Scrittura.

   Quando gli antichi scrittori ecclesiastici trattano la chiesa come una “casta meretrix”, sembra ricordino la meretrice di Gerico, che favorisce il popolo di Dio.

   Forse peccano di strabismo quei cristiani che criticano il clero per l’infedeltà a Gesù, e non s’accorgono che in quell’azione sono loro il volto malato della chiesa.

La critica del cristiano verso altri cristiani, invece di condividerne le difficoltà, è l’inizio di un microscisma.

Spesso dalla critica si passa alla separazione, cioè oltre al male di chi opera trasgredendo il Vangelo, si aggiunge il male di chi critica per condannare. Così la veste di Gesù viene ulteriormente stracciata.

   Tutti noi cristiani, Papi o sacrestani o laici, siamo responsabili del Corpo di Cristo, che è la Chiesa.
 
   GCM 26.06.08