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Vanto o offerta?

Le singole confessioni cristiane si stanno accostando sempre più. Si conoscono meglio, e si stimano con quella simpatia umana, che zampilla dal mirare verso la stessa meta: mantenere la fede in Gesù, in un mondo che non lo conosce o che lo misconosce. Con la fede, l’amore alla pace e alla solidarietà.

Nel passato, anche abbastanza recente, le proprie particolarità costituivano il vanto, che sottolineava la propria preminenza sulle altre confessioni. Ci si dimenticava che tutto è dono di Dio: l’Eucarestia, il Papato, la castità e la condivisione.

Nel passato, noi, cattolici, ci vantavamo di fronte agli ortodossi, di aver il Papa; e davanti ai protestanti e agli anglicani di aver Gesù presente nell’Eucarestia. Sembrava che fosse, tutto ciò, un nostro merito, oltre che una nostra prerogativa. Scompariva, nei meandri della polemica, il pensiero che Papa ed Eucarestia fossero un dono di Dio, come è dono la grazia di essere chiesa. Tutto ci arriva dalla generosità di Dio, in Gesù, nell’opera dello Spirito Santo.

Nella logica di Dio, il dono deve essere donato, la Grazia deve essere diffusa. Ne sa qualche cosa Paolo di Tarso.

Se noi, cattolici, abbiamo ricevuto il compito e il dono dell’Eucarestia e del Papa, e se abbiamo accettato il compito di conservare questi doni, li abbiamo conservati per offrirli agli altri. Come le particole conservate nel tabernacolo, che sono il dono della presenza di Gesù, devono essere dispensate, così è di ogni dono di Dio.

Le nostre prerogative, volute da Dio, non sono un vanto, ma l’occasione e lo stimolo ad offrirle ad altri: ai nostri fratelli nella fede a Gesù, e a ogni uomo amato da Dio.

GCM 08.06.08