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Tensione verso Gesù

Paolo ci suggerisce: tutto è stato incapsulato nel peccato affinché tutto ricevesse la redenzione. Durante un canone della messa cattolica, diciamo: “Tutti abbiamo peccato e ci siamo allontanati da te, ma tu…”.

Per essere salvati da Gesù, non occorre già “essere giusti”, ma riconoscere il nostro peccato, che non si identifica con ciò che noi diciamo “i peccati”, ma è una condizione di deficienza esistenziale davanti a Dio. Peccato è la nostra povera e superba disarmonia nei rapporti con il Padre.

Se proprio non è peccato, è almeno il non aver “fede”. Perfino la Scrittura antica, pur approvata da Dio, che ispira i profeti, non salva. Essa è solo propedeutica alla fede in Gesù, l’unico salvatore delle persone.

Qui mi si affaccia una domanda: “È solo l’Antico Testamento, ossia la religione ebraica, il propedeuta alla fede in Gesù, oppure ogni religione, in particolare quelle monoteistiche, rappresentano una propedeutica alla fede?”.

L’uomo investito dalla tensione verso un Essere Supremo, forse perfino circondato da esseri minori, può e deve essere considerato, non come ramo secco e perduto, ma come tendente alla fede in quel Cristo, che noi cattolici e cristiani “vediamo” e che altri non riescono, pur in una religiosità intensa, a vedere?

Tutto si salva attraverso Gesù, salvatore di tutta l’umanità. La creatura, proprio perché creata da Dio, porta in sé l’impronta del Creatore, e la sua forza calamitante verso il Padre di tutti. Al cristiano il compito di “mostrare” il Padre.

08.10.16